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SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
20 – 2014
Fascicolo 1
EDIZIONI QUASAR
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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
Direttore
Enzo Lippolis
Comitato di Direzione
Marcello Barbanera, Maria Giovanna Biga, Savino Di Lernia, Giovanna Maria Forni,
Gian Luca Gregori, Laura Maria Michetti, Frances Pinnock, Marco Ramazzotti,
Maurizio Sonnino, Eleonora Tagliaferro
Comitato scientifico
Rosa Maria Albanese (Catania), Graeme Barker (Cambridge),
Corinne Bonnet (Toulouse), Alain Bresson (Chicago), Jean-Marie Durand (Paris),
Alessandro Garcea (Lyon), Andrea Giardina (Firenze), Michel Gras (Roma),
Henner von Hesberg (Roma-DAI), Tonio Hölscher (Heidelberg), Mario Liverani
(Roma), Paolo Matthiae (Roma), Athanasios Rizakis (Atene), Guido Vannini
(Firenze), Alan Walmsley (Copenhagen)
Redazione
Laura Maria Michetti
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
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GIACOMO PARDINI – DAVID NONNIS
IL SANTUARIO DELLE PENDICI NORD-EST DEL PALATINO
IN ETÀ GIULIO-CLAUDIA E LE FISTULAE DI TITUS CUTIUS CILTUS:
ALCUNE CONSIDERAZIONI ARCHEOLOGICHE ED EPIGRAFICHE
IL CONTESTO DEL RITROVAMENTO
Uno dei ritrovamenti più recenti e più rilevanti dell’Area III dello scavo delle pendici nordorientali del Palatino1 è quello, avvenuto nel 2012, di due fistulae plumbee con bollo T CVTI
CILTI, riportate in luce in un settore (Fig. 1) pertinente al santuario collocato sul versante della
collina che prospetta sulla Piazza del Colosseo, identificato con buona probabilità con le Curiae
Veteres fondate, secondo la tradizione letteraria, da Romolo2. Tutte le evidenze databili fra l’età
arcaica e la tarda età imperiale rinvenute nell’Area III sono da ricondurre a questo santuario e sono
strettamente connesse a quelle già indagate e pubblicate nell’Area della Meta Sudans, in prossimità
dell’Arco di Costantino, e a quelle dell’Area II dello scavo delle pendici nord-orientali3.
Individuate ancora in situ4 in uno stretto vano ipogeo (Figg. 2-3), le due lunghe tubature
parallele, conservate per una lunghezza di circa m 2, parrebbero appartenere ad un intervento
inquadrabile nell’ambito del radicale restauro subito dal luogo di culto a seguito di un incendio verificatosi prima del 51-54 d.C.5, anni questi a cui si riferisce, sulla base della titolatura di
Claudio, il rifacimento del tempio situato all’interno del santuario6. I rinvenimenti effettuati
nell’Area III del cantiere palatino hanno permesso di individuare altre strutture attribuibili
all’area sacra nella sua ultima fase di vita, anteriormente al successivo incendio del 64 d.C. e ai
conseguenti interventi neroniani nell’area.
1
La complessa storia di quest’area è presentata
in questo volume nel contributo di PANELLA et al. (vd.
supra). Puntuale descrizione dei rinvenimenti effettuati nell’Area III, di cui chi scrive è responsabile con
la collaborazione di M. Casalini, verranno presentati
nel prossimo numero di questa rivista.
2
Conferma tale identificazione da ultimo COARELLI 2012, pp. 15-29.
3
Meta Sudans I; Scavare nel centro 2013. Le più
recenti acquisizioni nell’Area II e una lettura aggiornata di questo spazio urbano sono in questo volume
nei contributi di A.F. FERRANDES e di S. ZEGGIO, in PANELLA et al. (vd. supra).
4
Le due fistulae erano in parte ancora sigillate
da uno strato di pozzolana, steso subito dopo la loro
messa in opera. Erano alloggiate in una bassa canaletta con spallette laterizio larga m 0,45, su un piano di
sesquipedali.
5
Sull’incendio e sull’iscrizione frontonale del
tempio situato all’interno al santuario che lo testimonia
cfr. Meta Sudans I; CANTE et al. 1994-95; PANCIERA 1998
[ID. 2006, pp. 453-468]; ZEGGIO 2006, pp. 104-118; PANELLA 2012; EAD. 2013b; per i restauri subiti dalla Meta
augustea ZEGGIO - PARDINI 2007 e PARDINI 2013.
6
Che l’incendio sia stato provocato dal terremoto del 51 d.C. è ipotesi di PANCIERA 2006, p. 477.
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Fig. 1 – Pendici nord-orientali del Palatino, Aree II-III. Planimetria delle strutture rinvenute: nel riquadro il settore
corrispondente all’Area III; in grigio l’ambiente con le concamerazioni ipogee (a) e l’esedra con la fontana (b) (ril.
E. Brienza).
Le nostre stratigrafie tendono a mostrare che, in occasione dell’esteso restauro claudio,
siano stati ristrutturati anche gli ambienti che gravitavano intorno ad un vano pavimentato in
opus signinum bianco punteggiato con dadi neri disposti regolarmente, datato in via preliminare
alla tarda età repubblicana, disposto tra l’edificio di culto, riedificato, come si è detto, da questo
imperatore, e il témenos settentrionale dell’area sacra (vd. Fig. 1a). L’ambiente più orientale,
verso la via Circo Massimo-Esquilino (attuale via di San Gregorio), risulta occupato da un’esedra pavimentata in opus spicatum, chiusa a nord dal muro di recinzione del santuario delle
Curiae Veteres e ad ovest, verso il vano pavimentato in signino, da un muro in laterizio a setti
“spezzati” (vd. Fig. 1b). Poiché l’ambiente si trova proprio sul limite dell’area di scavo verso
la Piazza del Colosseo, non è chiaro se si aprisse a valle, risultando quindi delimitato dal muro
di témenos e da un muro parallelo a sud, oppure se, al pari di quanto accade per l’edicola degli
aenatores Romani rinvenuta poco più ad ovest lungo la stessa recinzione del santuario7, fosse
7
Cfr. PANELLA 1996, pp. 40-44 e figg. 33-34 e 36.
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Fig. 2a-f – Pendici nord-orientali del Palatino, Area III. a. Veduta zenitale della porzione settentrionale dell’Area III
(vista da nord): al centro il pavimento in opus signinum; a sinistra l’esedra con pavimento in opus spicatum; in basso
le concamerazioni con le due fistulae (foto M. Necci); b.-f. Planimetria e sezioni delle due concamerazioni ipogee
(ril. e dis. S. Santucci per Roma Sotterranea).
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invece aperto verso sud, ossia verso l’edificio di
culto, ed il muro “trisegmentato” avesse quindi
una struttura più o meno simmetrica ad oriente8. Si tratta in ogni caso di uno spazio aperto,
come denunciano il tipo di pavimentazione, la
presenza di un cordolo perimetrale in cocciopesto ed alcune caditoie perimetrali, che ospita
una mostra d’acqua, forse gradonata, addossata al temenos. Benché non riusciamo a cogliere
l’organizzazione completa di questo vano, siamo sicuri della sua funzione di fontana-ninfeo
e che fosse servita proprio dalle due condutture
bollate. Rinvenute nel corridoio ipogeo presente subito a ovest dell’esedra, infatti, le due
fistulae provenivano da sud e in prossimità del
recinto delle Curiae Veteres non potevano che
risalire, secondo la nostra interpretazione (vd.
infra), lungo il muro per servire questo apprestamento scenografico, sicuramente organizzato intorno ad una vasca più o meno articolata e
animata da zampilli e/o cascate a velo d’acqua.
È possibile che un allestimento analogo
fosse già presente nell’area prima dell’incendio Fig. 3 – Pendici nord-orientali del Palatino, Area III.
di età claudia, quasi certamente dall’età tiberia- In alto, particolare delle fistulae plumbee con bollo di
Titus Cutius Ciltus (da sud e da nord); in basso parna9; al pari di quando accade per il tempio e per ticolari della canaletta per l’alloggiamento delle due
la Meta Sudans, anche questo intervento, se, condutture (da nord) (foto M. Paci).
come è presumibile, sia da attribuire a Claudio,
rientra nella politica edilizia di questo imperatore, tesa a ripristinare le preesistenze.
G. P.
LE FISTULAE ISCRITTE E T. CUTIUS CILTUS
Come si è visto, in prossimità del muro di témenos che delimitava l’area sacra e nelle
adiacenze di un edificio templare di età giulio-claudia, sono venute alla luce, ancora in situ, due
porzioni di fistulae plumbee a sezione ellissoidale, alloggiate in canaletta di laterizio; le tubature, entrambe composte da due segmenti saldati tra loro, correvano parallele, l’una accanto
8
Un’ipotesi ricostruttiva è in Atlante di Roma
2012, tav. 74 (di C. Fanelli), vd. inoltre la proposta
avanzata da S. Zeggio in questo volume (vd. supra).
9
Mancano all’atto i dati stratigrafici per afferma-
re che una sistemazione affine fosse già stata prevista
da Augusto.
10
Il presente testo riprende, in sintesi, quanto
esposto in GIOVAGNOLI - NONNIS cds.
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all’altra (Fig. 4)10. Il contesto era sigillato dagli strati di interro immediatamente successivi
all’incendio neroniano del luglio del 64 d.C.
Su ciascuna delle fistulae ricorre, ripetuto
alternativamente sulle facce opposte dei due
segmenti, il medesimo bollo, realizzato con
lettere a rilievo (alt. media cm 2,2). Il testo è
disposto, con “testa in alto”, su un’unica riga
(lungh. mass. campo iscritto cm 15,6); vi si legge agevolmente T(iti) Cuti Cilti, una formula
onomastica al genitivo, con i singoli elementi
separati da interpunzioni circolari (Fig. 5). Il
marchio non risulta altrimenti documentato, ma il personaggio, come subito vedremo,
non è ignoto: grazie al suo cognomen estremamente raro (Ciltus), siamo in grado infatti di identificarlo con il senatore omonimo,
che rivestì il consolato suffetto nel bimestre
luglio-agosto del 56 d.C., insieme a L. Iunius
Gallio Annaeanus, il fratello maggiore di Seneca11. L’identificazione appare coerente con
la cronologia del contesto di scavo; su questo
Fig. 4 – Le due fistulae in corso di scavo (viste da sud):
aspetto torneremo in sede di conclusioni.
in basso, sul lato sinistro delle stesse, si notino i due
Le fonti relative al nostro senatore consibolli di T. Cutius Ciltus (foto S. Santucci).
stevano, sino alla scoperta delle fistulae in esame e di un’altra base iscritta cui a breve accenneremo, in alcuni documenti da Pompei e dall’Urbe. Il suo nome ricorre in primo luogo nella
datazione consolare presente sia in una tavoletta cerata dall’archivio pompeiano del banchiere
Cecilio Giocondo12, sia in due iscrizioni urbane scoperte in prossimità del Ludus Magnus e
edite da Luigi Moretti alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo; queste ultime facevano in particolare riferimento al restauro dell’edicola compitale del vicus Cornicularius curato dai magistri vici in carica nell’anno LXI della locale era vicana13. L’assegnazione all’estate del 56 d.C.
del consolato di T. Cutius Ciltus, in precedenza variamente collocato tra 53 e 55 d.C. (seconda
11
Sul fratello maggiore di Seneca e sulla sua carriera cfr. ECK 2005: cfr. anche CAMODECA 2010, pp.
385-386.
12
CIL, IV 3340, t. 45 = AE 2010, 272 (datata al
27 agosto), in part. Tab. I, pag. 2: T. Cutio Cilto, L. Iunio co(n)s(ulibus) / VI K(alendas) Septembres…
13
MORETTI 1958 [= ID. 1990, pp. 155-156 nn. 1-2]
(AE 1960, 61-62 = EDR074237-EDR074238); cfr.
anche COZZA 1962 e TARPIN 2002, p. 312, R6. Per la
localizzazione del vicus e le sue vicende edilizie cfr. di
recente LEGA 1999; per il calcolo della sua era compitale cfr. anche TARPIN 2002, pp. 138-139. Il testo più
integro suona: Laribus Augustis mag(istri) reg(ionis)
III vici Corniclar[i] / ann(i) LXI aediculam vetustate vexatam et tectum eius / sua impensa refecerunt et
marmoraverunt / C. Iulius Macareus, M. Graecinius
Cerullus, / 5M. Graecinius Philetus, M. Gavius Speratus, / L. Iunio Gallione, T. Cutio Cilto co(n)s(ulibus).
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Sc. Ant.
metà dell’anno) si deve a Giuseppe Camodeca,
in primo luogo grazie al rilevante apporto documentario fornito per la ricostruzione dei fasti consolari d’età giulio-claudia dalle tavolette
pompeiane dell’agro Murecine14.
Da tempo era inoltre nota l’urna cineraria,
di provenienza urbana non meglio precisabile,
pertinente al suo liberto T. Cutius Cilti l. Neritus15, riprodotta da Pirro Ligorio nel suo Libro
delle iscrizioni dei sepolcri antichi16 e attualmente conservata nel Palazzo Guicciardini di Firenze17. In tale iscrizione va segnalato l’uso del
cognomen Ciltus quale elemento individuante
nella formula di patronato, che evidenzia, in primo luogo, la relativa notorietà del dominus che
aveva manomesso lo schiavo Neritus; al tempo
stesso attraverso questa peculiare formula onomastica si intendeva sottolineare, di riflesso, il
prestigio sociale del liberto.
Per identità di praenomen e per contiguità
cronologica, possiamo inoltre plausibilmente assegnare al medesimo ramo familiare un T. Cutius
Asclepiades, anch’egli di presumibile origine o
condizione libertina, menzionato in una tabellina di colombario di provenienza urbana18.
Come a suo tempo suggerito da Giuseppe
Fig. 5 – I quattro bolli di T. Cutius Ciltus: a.-c., e.
Camodeca, il nostro senatore potrebbe essere calchi in gesso; d., f. foto (scala 1:3) (calchi realizzati
imparentato con Cutius Lupius, quaestor d’e- da S. Carraro; foto G. Pardini).
tà tiberiana addetto alla supervisione dei calles
nell’Italia meridionale; Tacito lo ricorda, in particolare, per avere soffocato una rivolta servile
in Puglia nel 24 d.C., durante la sua permanenza in quella regione19.
14
CAMODECA 1986, pp. 206-209 e, più di recente,
ID. 2010, pp. 385-386; cfr. anche TOBALINA ORAÁ 2007,
pp. 317-318 e 324 (che accoglie la cronologia proposta
dal Camodeca).
15
CIL, VI 16702 = EDR128571; cfr. anche SOLIN
1998, p. 141 (provenienza urbana imprecisata, vista
presso i Guicciardini già dal Doni nella prima metà
del XVII secolo): T. Cutio Cilti l(iberto) / Nerito, /
Donata l(iberta) / coniugi karissimo.
16
Cod. Neap. XIII B.8, libro XXXIX (Libro
delle iscrizioni dei sepolcri antichi), col. 234v, ora riprodotto in ORLANDI 2009, p. 313.
17
Cfr. NEPPI MODONA 1956, pp. 205-206, n. 9, fig.
9: l’urna, semicircolare, presenta agli angoli due giovanetti (putti) nudi, stanti, che si appoggiano su due vasi;
fra i due recipienti, al di sotto della tabella iscritta, è
rappresentato un cane nell’atto di azzannare un cinghiale. La datazione proposta dal Neppi Modona per il
cinerario (II-III sec. d.C.) va sicuramente rialzata per la
diretta connessione del defunto con il nostro senatore.
18
CIL, VI 38269 = EDR118508 (Musei Capitolini): T. Cutius / Asclepiades.
19
TAC., Ann., IV, 27, 2: Et erat isdem regionibus
Cutius Lupus quaestor, cui provincia vetere ex more
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Ai dati già in nostro possesso su Cutius Ciltus aggiunge ora un importante tassello documentario un’iscrizione urbana, in corso di edizione da parte di Maurizio Giovagnoli. In
questa sede si richiameranno esclusivamente le informazioni essenziali ricavabili da tale testo,
rinviando per i dettagli e per l’interpretazione complessiva al contributo dell’editore. L’iscrizione che correda (con funzione di didascalia?) una base in marmo conservata presso il Teatro
di Marcello e della quale purtroppo si ignorano le circostanze di rinvenimento, sembra infatti
menzionare il nostro stesso senatore d’età giulio-claudia20. Se la nuova iscrizione non fornisce
ulteriori elementi utili alla ricostruzione della sua carriera, essa tuttavia si rivela preziosa, rivelandoci non solo la formula di filiazione (Titi filius) ma anche la tribù di appartenenza (Clustumina). Sulla base di quest’ultimo elemento, siamo in grado di impostare, come subito vedremo,
un’indagine più circostanziata sulla possibile origine geografica di T. Cutius Ciltus, sino ad ora
genericamente ricondotta ad area centro-italica.
In questa prospettiva, la diffusione del gentilizio Cutius, di per sé piuttosto raro21 e quasi
mai associato al praenomen Titus22, è stata sovrapposta alla distribuzione geografica della tribù
Clustumina in Italia. Appare di notevole interesse, in primo luogo, la presenza sia pur sporadica,
di Cutii nei centri umbri di Ameria23 e di Iguvium24, i cui abitanti risultano iscritti proprio nella
Clustumina (tribù comune però anche ad altri centri del versante umbro della regio VI)25. In particolare, ad Ameria compare in un’epigrafe funeraria, come sembra del I sec. d.C., un T. Cutius
C.f. recante lo stesso prenome del nostro (vd. supra). Una possibile origine umbra del senatore,
forse proprio da uno di questi centri, appare del resto coerente con la presenza dei Cutii anche
nella non distante Perusia, sulla sponda destra del Tevere, in territorio etrusco: va richiamato a
questo proposito, in primo luogo, il ricco corredo epigrafico pertinente al sepolcro gentilizio dei
Cai Cutu tra III e I sec. a.C.; la gens, che aveva latinizzato il secondo elemento onomastico in
Cutius, sembra peraltro scomparire dalla vita cittadina dopo il bellum Perusinum26.
calles evenerat. Is disposita classiariorum copia coeptantem cum maxime coniurationem disiecit; per un
commento all’episodio cfr. ECK 1998a. Sul passo e sul
questore in questione cfr. anche ZEVI 2002, p. 33 nota
59 e ECK 2003; per la possibile relazione familiare (padre?) con Ciltus cfr. CAMODECA 1986, p. 208 e p. 210
con nota 39; TOBALINA ORAÁ 2007, pp. 87-88 con nota
142.
20
L’iscrizione (T(itus) Cútius T(iti) f(ilius) /
Clu(stumina) Ciltus) era stata a suo tempo (inizi anni
’70 del XX secolo) schedata dall’équipe del prof. Silvio Panciera e la relativa scheda si conserva presso lo
schedario della cattedra di Epigrafia Latina della Sapienza. Il documento in precedenza era stato segnalato da FORNI 1999, p. 481 n. 1754.
21
Cfr. Thes. ling. Lat., Onomasticon C-D, coll.
777-778, s.v. Cutius (1913); cfr. ora anche PETTENÒ et
al. 2011, pp. 23-25.
22
Tra le poche attestazioni cfr. AE 2005, 1217
(Scarbantia - Pannonia Superior, forse ancora del
I sec. d.C.); CIL, X 7587 (Karales, II sec. d.C.). Vd.
anche AE 2000, 386 = EDR105026) (Nursia, metà ca.
del II sec. d.C.).
23
CIL, XI 4457 cfr. p. 1368 nt 1 = EDR025186
(perduta): M. Cutius L.f. sibi / et T. Cutio C.f. / fratri,
patrueli ex / 5 [testamento - - -] (datazione generica al
I sec. d.C.)
24
CIL, XI 5855 e AE 2004, 537: L. Cuti Bassi; / in fron t(e) p(edes) XII, / in agr(o) ped(es) XX
(due cippi pertinenti alla medesima area funeraria,
inizi II sec. d.C.); CIL, XI 8078 (Cn. Cutius Cn. f.
Clu(stumina) Rufus I sec. d.C.). Per i Cutii di Iguvium cfr. ZUDDAS 2004, pp. 313-315.
25
Per i tribules di Ameria e Iguvium cfr., di recente, ASDRUBALI PENTITI et al. 2010, pp. 217-218; più
in generale sulla diffusione della tribù Clustumina
nell’Umbria romana, cfr. ibid., pp. 220-222.
26
Sulla tomba e il suo corredo epigrafico cfr. FERUGLIO 2002; LIPPOLIS 2011, p. 139; per le iscrizioni cfr.
anche Thes. ling. Etr. I, Indice lessicale, sec. ed., Pisa-
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G. Pardini – D. Nonnis
Sc. Ant.
All’area etrusca potrebbe peraltro indirizzare anche l’analisi del raro cognomen Ciltus,
che a Roma e in Italia risulta attestato esclusivamente per il nostro senatore27. I non molti confronti noti rimanderebbero, in prima battuta, all’antroponimo Ciltus/Celtus, particolarmente
diffuso, insieme al corrispettivo femminile Cilta/Celta, in area gallo-germanica28. Ma appare
senz’altro preferibile l’accostamento al nome Celtus, presente, in funzione di gentilizio, nell’onomastica di un magistrato municipale a Volterra29; un elemento onomastico affine compare
poi, come metronimico (Celta), in alcune iscrizioni sepolcrali etrusche da Chiusi e da Perugia
ascrivibili ad età ellenistica30.
I dati onomastici sin qui analizzati rimandano quindi, in primo luogo, all’Umbria (e, almeno per quanto attiene il cognome, forse all’Etruria) come possibile area di provenienza
di T. Cutius Ciltus. L’ipotesi potrebbe peraltro trovare un’ulteriore conferma nel particolare
favore attribuito ai senatori originari di queste regioni, come da altre zone dell’Italia centrale,
durante il regno di Claudio, come si evince anche dalla recente analisi prosopografica di Annalisa Tortoriello31.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, se possiamo registrare alcuni avanzamenti
sull’origine del nostro senatore, continuiamo a ignorare purtroppo l’articolazione della carriera di Ciltus, forse un homo novus32, della quale resta, come unico punto fermo, il consolato
suffetto ricoperto nell’estate del 56 d.C.
D. N.
CONCLUSIONI
Dopo questa preliminare presentazione dei rinvenimenti effettuati nell’Area III delle pendici nord-orientali del Palatino e l’analisi delle due fistulae recanti il nome di T. Cutius Ciltus
al genitivo33 occorre ritornare sull’interpretazione del contesto e sulla cronologia di questo
ritrovamento, nonché sullo stesso Cutius Ciltus e la sua carriera.
Roma 2009, pp. 106-107. Per ulteriori attestazioni del
gentilizio Cutius in Etruria meridionale vd. AE 2001,
964 (Veii/ager); CIL, I2 2736 cfr. p. 1054 (Caere); AE
1975, 393 = EDR076343 (Ischia di Castro).
27
CIL, VI 16702 = EDR128571 (vd. supra).
28
Cfr. Thes. ling. Lat., Onomasticon, C (1911),
coll. 440-441; cfr. anche DELAMARRE 2007, pp. 63, 65.
29
CIL, XI 1745 = EDR113426, iscrizione vista
a San Miniato, perduta: C. Celtus C.f. Sab(atina) /
Severus, / q(uaestor), aed(ilis), pont(ifex) (prima età
imperiale).
30
Celta: CIE, 4311 (θana curspia lθ. Celta, Perugia); Celtalual: CIE, 1727 (θana. aniei. celtalual,
Chiusi); Celtaval: REE 2004, 32 (lθ: anie: lθ: celtalval,
Chiusi).
31
Cfr. in merito TORELLI 1969, pp. 337-338 (for-
tuna dei senatori di estrazione etrusca); per un censimento dei consolari d’origine umbra (6) o etrusca (7)
durante il regno di Claudio cfr. TORTORIELLO 2004, p.
435.
32
Cfr. in questo senso, TOBALINA ORAÁ 2007, p.
333. Poco probabile che il nostro sia stato adlectus
dall’imperatore Claudio nell’ambito del rinnovamento più ampio dei quadri del senato che ebbe luogo
durante la sua censura del 47-48 d.C.; per una disamina dell’intervento (che riguarda quasi esclusivamente
senatori di origine italica) e un’analisi prosopografica
cfr. TORTORIELLO 2001; ID. 2004, pp. 405-406.
33
Per le possibili interpretazione di questo genere di testi su fistulae aquariae cfr. BRUUN 2012, p.
23; ANTOLINI 2013, pp. 303-305 (entrambi con ampia
bibl. prec.).
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Il santuario delle pendici nord-est del Palatino in età giulio-claudia
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Il contesto di rinvenimento.
Tutti i dati di scavo finora raccolti portano a mettere in fase la realizzazione delle due
condutture con i lavori di restauro di questa porzione delle antiche Curie effettuati tra il 51/54
d.C. e, in particolare, con la (ri)costruzione di una mostra d’acqua monumentale organizzata
intorno ad un’esedra dotata di vasca (vd. supra). Le due tubature, come abbiamo visto, corrono
parallele all’interno di alcune concamerazioni sottostanti il vano pavimentato in opus signinum
(vd. Fig. 2) ed hanno un andamento sud-nord34; in prossimità del muro del temenos esse dovevano salire verticalmente, andando a servire una o più bocche presenti all’interno dell’esedra
e destinate all’erogazione dell’acqua35: proprio la presenza dell’acqua, raccolta da almeno una
vasca e irreggimentata attraverso un complesso sistema di adduzione e deflusso, organizzato
per mezzo di caditoie, canalette e condotti fognari all’interno delle Curiae Veteres, corrobora
la funzione e la pertinenza delle due fistulae alle installazioni santuariali36. I motivi di ordine
stratigrafico sono inoltre convalidati dalla natura dei luoghi in cui esse si trovano e dall’osservazione del contesto topografico: le due tubazioni non possono uscire dall’area delle antiche
Curie37, ma anche ipotizzando una loro prosecuzione, il loro percorso risulterebbe sbarrato
dalla grande fogna che correva al di sotto della via diretta dalla valle ove sorgerà l’Anfiteatro
al Foro e, al di là di quest’ultima, da un altro santuario; sarebbero state perciò costrette ad
effettuare un percorso tortuoso per raggiungere e servire un’eventuale domus e, poi, ubicata dove? Se per evidenti motivi dobbiamo escludere l’abitazione tardo-repubblicana/augustea
(casa natale di Augusto?)38, posta a monte delle Curiae Veteres (le due fistulae corrono in direzione opposta!), da scartare è anche l’ipotesi che le due tubature raggiungessero l’insula di
civile abitazione indagata alla pendice orientale della Velia, immediatamente a nord della Meta
Sudans augustea39.
Questa tipologia di bolli su fistulae, in cui ricorrono frequentemente i nomi di esponenti dell’ordine senatorio, viene in genere riferita, come indicazione di proprietà, ai concessionari (per beneficium dell’imperatore) dell’acqua che alimentava le loro residenze in città o
nel suburbio40. Non mancano del resto consistenti testimonianze archeologiche, letterarie ed
34
Un restauro di tale portata deve aver necessariamente previsto un completo rinnovamento del
sistema di adduzione idrico del santuario, o almeno
di questa porzione: dal momento che siamo certi che
le due fistulae provengano grossomodo da sud, quasi sicuramente l’isolato delle Curiae viene ora servito
dall’Aqua Claudia (ultimata, come è noto, dallo stesso Claudio nel 52 d.C.): sul percorso del tratto finale
dell’acquedotto, tra Celio e Palatino (anche alla luce
della recente scoperta di una mostra di una grande
fontana presso la “Casina del Salvi”), cfr. ARATA 2012.
La questione dovrà essere necessariamente ed ulteriormente indagata.
35
Le due fistulae hanno la stessa dimensione di
quella rinvenuta nella vasca della Meta sudans Augusti, messa in opera con il restauro claudio e che serviva
una bocca posta su uno dei pilastri che incorniciavano
il bacino: ZEGGIO - PARDINI 2007, pp. 16-17, figg. 15, 18.
36
Difficile è inoltre sostenere un eventuale recupero e reimpiego delle due condutture, che sembrano
di primo uso e non mostrano i segni di risaldature.
37
Una prima barriera è rappresentata dalla fondazione del temenos del santuario, sulla quale non
sono presenti aperture che possano suggerire una prosecuzione delle fistulae verso nord.
38
Su questo edificio si rimanda a CARBONARA
2006; ZEGGIO 2006, passim; SAGUÌ 2009, pp. 239-244;
EAD. 2013, pp. 135-138; PANELLA 2013b, passim, e agli
aggiornamenti in questo volume di L. Saguì e M. Cante.
39
Cfr. ZEGGIO 2006, passim.
40
Cfr. in generale per la documentazione urbana ECK 1998b (con elenco dei proprietari privati
di condutture d’acqua a Roma); cfr. anche ID. 2010,
passim (in particolare per l’apporto documentario del-
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Sc. Ant.
epigrafiche relative ad abitazioni aristocratiche nella zona (pendici del Palatino) o ubicate, ad
esempio, sulla vicina collina della Velia41. I marchi in esame potrebbero in prima istanza rivelare l’esistenza di una domus del nostro senatore ubicata nelle vicinanze; in questa prospettiva
non assumerebbe particolare rilievo la scoperta delle condutture all’interno dell’area sacra, che
sarebbe stata soltanto attraversata da un tratto di queste. Tuttavia proprio l’organizzazione
topografica dell’area di rinvenimento, come abbiamo visto, porta a sostenere un’altra ipotesi
ricostruttiva.
La cronologia.
Negli stessi anni in cui è stata presumibilmente messa in opera la canalizzazione, l’area
sacra fu oggetto di significative ristrutturazioni, come più volte detto, a seguito di un incendio, a sua volta forse connesso ad un terremoto che avrebbe avuto luogo nel 51 d.C.42, come
ipotizzato da Silvio Panciera (vd. supra). Dell’evento traumatico siamo in primo luogo informati, grazie alla frammentaria iscrizione monumentale che corredava il fregio-architrave di un
tempio restaurato de sua pecunia da Claudio tra 51 e 54 d.C.43. Ancora al principato di Claudio risale inoltre un consistente rifacimento della monumentale fontana augustea, collocata
di fronte al santuario, all’esterno dell’area sacra44. Poco tempo dopo, nei primi anni del regno
di Nerone, venne invece ingrandita e riallestita un’edicola, dedicata dagli aenatores, tubicines,
liticines e cornicines Romani, addossata al muro di témenos: al suo interno era collocato una
base che sorreggeva le statue di Augusto, Claudio, Nerone e Agrippina Minore45. Rileviamo in primo luogo la contiguità cronologica di questi interventi con la datazione del nostro
senatore; ancora una volta però è la lettura del contesto archeologico che sembra suggerirci,
con un buon margine di certezza, l’appartenenza delle due fistulae al principato di Claudio
piuttosto che al periodo 54-64 d.C.; infatti, pur non potendo escludere con assoluta certezza
un’attribuzione agli anni di Nerone, gli interventi del princeps all’interno del santuario sono
minimi e limitati, nell’area sacra, all’aggiunta della statue sua e della madre nel 55-56 d.C. e
poi nuovamente nel 59 d.C. con l’eliminazione dall’edicola della statua di Agrippina, in conseguenza della sua damnatio memoriae46; la riedificazione e le grandi modifiche strutturali
del santuario e dell’area circostante sono invece da ricondurre all’età claudia47 ed è proprio in
questo contesto che potrebbe plausibilmente essere collocata la messa in opera delle fistulae
di T. Cutius Ciltus.
le fistulae, pp. 219-223). Per il contributo delle fonti
scritte all’identificazione dei proprietari delle domus
a Roma (32%, nomi su fistulae) cfr. anche, di recente,
GUILHEMBET 2011.
41
Per alcune fistulae recanti nomi di esponenti
di famiglie senatorie dall’area della Velia, cfr., ad es.,
BRUUN 2003, pp. 27-32.
42
Cfr., in sintesi, PANELLA 2011, 76-79 (situazione insediativa precedente l’incendio del 64 d.C.); EAD.
2013a, pp. 22-23 e EAD. 2013b, pp. 49-51. Cfr. anche
ZEGGIO 2006, pp. 104-112.
43
CIL, VI 40417 = EDR092881; cfr., da ultima,
con bibl. prec., PANELLA 2012; per il tempio cfr. EAD.
2013b, p. 51-54.
44
Cfr. ZEGGIO 2006, 106-107. Per la storia edilizia della Meta augustea e giulio-claudia e del compitum
contiguo, cfr. ZEGGIO - PARDINI 2007; PARDINI 2013.
45
CIL, VI 40307 = EDR092819 e CIL VI
40334 = EDR092834; cfr., da ultimi, MORIZIO 2012;
VINCENT 2013, pp. 251-254.
46
PANELLA 1996, pp. 40-46; MORIZIO 1996, pp.
204-207; EAD. 2012; sull’edicola vd. inoltre PANELLA
2012; EAD. 2013b, pp. 54-58.
47
ZEGGIO 2006, pp. 94-112 passim.
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In questa prospettiva ci si deve nuovamente interrogare sul significato da attribuire ai
bolli sulle fistulae. Piuttosto che fornire un’indicazione di proprietà, essi potrebbero rivelarci il
nome del curatore dei lavori di adduzione idrica e, come nel nostro caso, anche del personaggio
che curò (ma in quale veste?) il restauro della mostra d’acqua che incorniciava il tempio risanato da Claudio. L’intervento di Ciltus, che potrebbe anche avere comportato il restauro della
stessa fontana, si inserisce coerentemente, a nostro giudizio, nel più vasto riallestimento dell’area voluto dall’imperatore. In questa prospettiva, appare probabile che T. Cutius Ciltus abbia
operato nell’area su mandato dell’imperatore stesso. Tenuto conto del contesto archeologico
(siamo nel cuore stesso dell’Urbe), l’ipotesi di un’eventuale natura evergetica del suo intervento (di portata comunque limitata) non appare tuttavia esente da dubbi, diversamente da quanto
invece testimoniato da documenti analoghi di ambito municipale (ad es. da Nemi e da Ostia)48.
I dati in nostro possesso peraltro non consentono di definire ulteriormente, sul piano
amministrativo, le modalità del suo operato, sia per la laconicità del formulario dei bolli sia per
la pressoché assenza di dati sulla carriera di T. Cutius Ciltus49.
Le nuove evidenze epigrafiche da Roma relative a T. Cutius Ciltus ci fanno conoscere
meglio, come si è visto, il profilo di un senatore sino ad oggi poco conosciuto. La lettura contestuale delle iscrizioni che corredano le fistulae e del relativo contesto archeologico ci ha inoltre
portato a formulare, in questa sede, alcune ipotesi in merito ad una delle fasi più significative
dell’area sacra alle pendici del Palatino, quella che corrisponde agli ultimi anni di regno di
Claudio. Si tratta evidentemente di una ricostruzione che necessita di ulteriori riflessioni e verifiche; queste ultime potranno in primo luogo scaturire da un esame più dettagliato degli stessi
dati di scavo, ed eventualmente dalle informazioni che potranno essere recuperate durante le
prossime indagini sul campo.
G. P. - D. N.
Giacomo Pardini
Sapienza Università di Roma
giacomo.pardini@uniroma1.it
David Nonnis
dnonni@tin.it
Cfr. BRUUN 1995; per le testimonianze ostiensi
vd. anche R. GEREMIA NUCCI, in CÉBEILLAC GERVASONI
et al. 2010, p. 150; MEDRI - DI COLA 2013, pp. 94-96.
Altri documenti affini dalla Campania e ulteriore bibl.
sono raccolti da BRUUN 2010, pp. 163-167.
49
Si potrebbe postulare un genitivo dipendente
da un’espressione quale sub cura o affine (per alcuni confronti cfr. BRUUN 1991, pp. 237-244), che però
nel nostro caso sarebbe stata sottointesa. Non necessariamente si dovrebbe pensare a un incarico legato alla cura aquarum se si tiene conto ad esempio
della fistula urbana recante il marchio SVB CVRA
Q. VERANI (cfr. BRUUN 1991, p. 237 con nota 107 e
261), relativo al console ordinario dell’anno 49 d.C.
e da connettere verosimilmente con il suo successivo
incarico di curator aedium sacrarum et operum locorumque [publicorum] (forse tra 54 e 57 d.C.). Per la
carriera di Q. Veranius (coevo del nostro personaggio), testimoniata da CIL, VI 41075 = EDR073949,
cfr. TORTORIELLO 2004, p. 587 e TOBALINA ORAA 2007,
passim (in particolare pp. 415-416 per la sua cura
operum publicorum).
48
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ABSTRACT
After the fire which took place around 50/51 A.D. and immediately before the great neronian fire (July
64 A.D.), the Curiae veteres sanctuary was restored. Close to the temple rebuilt by Claudius there was
also a fontain, which was also restored in the same years. Related to the fontain are two parallel lead
pipes, which bring the unpublished stamp T. CVTI.CILTI; the new stamp mentions, in genitive case,
a senator who was consul suffectus in summer 56 A.D. From another inscription from Rome we also
know that T. Cutius Clitus, peraphs of Umbrian or Etruscan origin, was member of the Clustumina
tribus. The new epigraphical evidence from the Palatine NE slopes reveals peraphs that the same Ciltus
was somehow involved in the restoration of the ancient sanctuary.
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Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l.
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ISBN 978-88-7140-582-7
Finito di stampare nel mese di novembre 2014
presso Global Print – Gorgonzola (MI)